11.25.2007

dioscuri nella città del natale

1.la lepre
tornavamo a casa stanchi, guidati dalle stelle intermittenti stilizzate tirate tra i balconi dei negozi. c’era freddo e c’era natale. c'era rosso fuoco, proiettato sul cielo nero delle due.

le parole sulla fine degli esami e sul vuoto che si crea poi.
un’analisi distaccata del periodo pre- natalizio:
babbonatale è un ispano-marocchino.
nanna, cuscini alti e bassi.
e le cose che si devono fare sempre.

una lepre se ne stava sul ciglio della carreggiata a fissare noi, la nostra macchina veloce circondata da fate minorenni conciate a festa, bacche e pellicce bianche. la nostra macchina, portata a spalle da quattro commercialisti in costume, accelerò dopo la curva. e poi la lepre. ci guardava con occhi neri fissi e sporgevano (gli occhi di chi si è perso seguendo le stelle). poi stop.
ci sfrecciò davanti e rimase sotto la ruota anteriore destra della opel di B. gli occhi neri e fissi sulle luci intermittenti sotto il tetto di un ipermercato di nani da giardino.

2.il vecchio e il cane
camminavamo lungo il marciapiede. tre persone.
parlavamo e ridevamo e fingevamo di sembrare arroganti per evitare di lasciare intuire la nostra arroganza (contratto sociale).
il cielo era limpido e riscaldava le nostre felpe di lana.

avevamo il pranzo tra le mani che scottava nei sacchetti. Ma noi. noi non riuscivamo a spogliarci e non c’erano più panchine, non c’era più vita.
non c’era più niente intorno.
la guerra rosicchiava tutto senza versare una goccia di sangue. noi passammo accanto ad un bar chiuso, e ad un altro. e poi.
non smettemmo di ridere per ore. e poi?

poi vidi in lontananza un uomo anziano, con un cane.
camminavano entrambi lentamente, sul marciapiede rotto dall'aeronautica. l’uomo zoppicava, rotondo. indossava un cappello grigio e sporco di vernice bianca. il cane era un pastore tedesco grosso e vecchio, e trascinava le zampe posteriori dondolando il culo basso e peloso da sinistra a destra su e giù.

realizzai. e il freddo entrò nelle ossa.
stavano andando a morire
insieme.

li superammo, e smisi di ridere

11.18.2007

croci

paola perego. truccata. detta p.p. in lacrime. sulla poltroncina bianca spugnosa.
della rete privata nazionale più bella di tutte quante le più belle reti nazionali.
è in piedi sul fondo e guarda giù nel buco. un lombrico giallo sieropositivo si sta infilando sotto il suo completo nero griffato.

(non si tratta di finzione, di sincerità. non si tratta di palinsesti, gore, opinionisti inutili con la frangetta. non si tratta del logo,
no global, non si tratta dei mattoni sulle teste, mattoni sulle vetrine di armani d&g versace vivienne westwood, la letteratura mondiale di oggi, di sempre. tutto passa veloce e fischia e poi non si sente più fischiare e tutto è sotto i piedi di tutti. musica e film cotti nel forno con la nostra testa croccante ancora congelata "stai andando troppo forte con la tua honda, jack?".

competenza e incompetenza non importa. non importa se sappiamo chi spara, chi ti taglierà il cazzo con le forbici
chi arresterà tuo figlio morto in chiesa?
non importa del pd pc msi (u)dc casa delle libertà condizionate liberisti squadrati portamerda. il mio cattivo gusto fotocopiato quando odio. odio. odio. non importa
la pubblicità dei tuoi bulbi oculari)

ciò che conta è la grandezza. e non si tratta di dio.
ciò che conta è l'arredamento del fondo globale- pizzi e mobilia.
poi cosa?
contano le nostre carcasse.
"contiamo le nostre carcasse"

siamo tutti minuscoli
sfocati
e pieni d'odio.