12.25.2010

pillolette d'amore per giovani pagani

la notte di natale è fredda, anche il rosso coca cola delle decorazioni sembra freddo. ho piantato un ombrellone in mezzo a un lago ghiacciato, consapevole del fatto che arriverà un tempo più caldo, forse. altrimenti una glaciazione. in entrambi i casi il mio naso resterà rosso, la mia barba anche e di un rosso caldo, rovente. in entrambi i casi la mia barba non basterà a scaldarmi. il mio naso neppure. è per questo che una babygang di castori sta facendo le scivolate con me sulla superficie ghiacciata. swish! ci muoviamo, prendiamo la rincorsa e scivoliamo. swish! poi lo capiremo da noi, fino a quando ci regge il lago. ed io che prendo ancora la rincorsa e scivolo. swish! sento che qualcosa scricchiola, ma solo in alcuni punti. poi mi metto sotto l'ombrellone, cerco un po' di pace, non la trovo. dopo prendo la rincorsa e scivolo. poi ancora

12.15.2010

freddo

in ghiaccio per conservare la carne fresca.
in ghiaccio per conservare i cadaveri. 
in ghiaccio per ritrovarsi uguali dopo 200 anni.
in ghiaccio per non sentire dolore.
in ghiaccio per accompagnare la vodka con il lime.
in ghiaccio per morire assiderati.
in ghiaccio per restare incollati.
in ghiaccio per tutto.
in ghiaccio per niente.

12.05.2010

fiammiferi

Quello che facciamo è aspettare di essere estratti e accesi. Che ci brucino la testa, che ci brucino tutto il resto di conseguenza, in un lampo. L’inverno non è mai stato così rigido già da novembre, e neanche gli alberi fuori hanno l’espressione di chi se ne frega- i loro bambini giocano all’aperto col ghiaccio e si sbriciolano in piccolissime schegge mentre gli scivoli non portano più da nessuna parte. Noi restiamo nella scatola, stretti, ad aspettare il fuoco, a prenderci un po’ di calore sfregandoci le teste una contro le altre. L’odore di legno e zolfo sì, lo sentiamo eccome, e lo percepiamo come calore, calore, ed è per questo che  siamo eternamente riconoscenti a degli astri reali, degli immaginari vicini di ombrellone.

12.01.2010

homeworking class

sul tuo comodino hai un libro narrato in seconda persona. il libro è "le mille luci di New York". non riesci ad andare avanti nella lettura, anche se immagini che il libro abbia un sacco di cose da dirti, essendo in seconda persona. passi il tempo offline sui peggiori social network. fotografi parallelamente lo schermo del computer pubblicando in tempo quasi reale le fotografie online perché credi che sia la massima espressione artistica visiva del mondo contemporaneo, quella di restituire allo schermo le immagini filtrate tra l'obiettivo e lo schermo e poi ancora tra lo schermo e l'obiettivo. foto tue, dei tuoi fratelli, dei tuoi amici, delle tue ex fidanzate e di potentissime icone dello spettacolo, del cinema e della musica pop. il gioco è mettere sempre più filtri tra te e il mondo, mostrando immagini sgranate insieme alla polvere di casa depositata sul display del tuo portatile (che è solo l'ennesimo filtro). aspetti che l'università ricominci. aspetti che ti chiamino da lavoro. e aspetti di sfondare nella musica, nel cinema, nella fotografia e nella letteratura, cosa che non succederà mai. e l'attesa diventa qualcosa di statico e non più dinamico. le tue scorciatoie diventano accidia e improduttività, esercizio di stile, fumo. infine pensi che ci siano cose peggiori delle cose peggiori che ti vengono in mente. ovvero quelle che avevi sottovalutato