12.27.2007

heart cooks brain

-non puoi guardare la tua ombra da un altro punto di vista-
(mi suggerisce dio mentre col cucchiaino sbatto tre tuorli in una tazza gialla)
-è per questo che ogni opinione è sbagliata-

penso che abbia ragione.

vedo una cimice passeggiare nel deserto e la ribalto sul dorso. resto in piedi davanti a lei per quattro giorni, poi lei smette di dimenarsi. è secca.
continuo a fissare
la scollatura di dio.

12.26.2007

zapatisti nel paradiso dei polsi

bagna caoda -o bagna caùda o bagna cabzda-
tipico piatto piemontese con salsina calda a base di
acciughe (da notare che in piemonte non c'è mare) olio e panna talvolta.
ci si pucciano verdure crude fino a svenire ubriachi.

il giorno di santo stefano laico.

questione di identità culturale?
le radici nel terreno?
e riscoperta della tradizione?
piemontefolk digestione rapida?
"oh che bella la nostra terra piena di squisite delizie"?

no, c'è la nebbia e il tempo implode.
no, queste cose non attecchiscono un gran che se sei al terzo anno di antropologia. il fatto che le acciughe non vengano su bene in lago e che il piemonte non produca mare significa molto, nell'ordine della costruzione delle tradizioni locali.
(il processo di globalizzazione non è solo shell + schiavi colorati)
dobbiamo rovesciare bene tutte le nostre tasche.

buon appetito

1. sedano s.v. non pervenuto
2. barbabietola s.v. non pervenuta (se non quando ha macchiato un lato della patata)
3. finocchio voto 4 verdura irrecuperabile
4. patata voto 6,5 già ottima di per sè. l'acciuga non la slancia
5. belga voto 7 l'acciuga esalta le verdure insipide e croccanti
6. cavolo voto 7+ l'acciuga esalta verdure insipide e croccanti migliori della belga
7. peperone voto 8 trallallà -la lalà!
9. cavolfiore voto 9 verdura inutile altrimenti. divino con l'acciuga pannificata

okay.

12.21.2007

racconto di fate sul cemento

Max. Max aveva iniziato a spacciare al liceo per questioni di emancipazione e mobilità sociale, dicevano i sociologi. Di soldi ne aveva pochi, ma non gli fregava. Era un tipo paffutello, Max e alle compagne non piaceva. (Di questo gli fregava molto invece). Non piaceva a Marlene, la brunetta che se ne stava sempre con i suoi amici alternativi mezzi orchi e mezzi punk a fumare sotto le scale antincendio. Non piaceva a nessuno, Max. e portava i capelli unti con la riga nel mezzo.
“vattene”, gli dicevano.
Da quando Max si mise a vendere erba le cose cambiarono.
Marlene lo cercava.
Tutti quanti lo cercavano. Stava meglio ora, Max. Meglio. Aveva iniziato ad esplorare l’esterno del suo guscio pesante incontrando parole buone qua e là.
E fiori e quadri e le spine velenose.

La sua casa era piccola e gialla e aveva un grosso baffo Nike inciso sulla facciata sotto una voragine bianca d’intonaco scrostato. Max la odiava, la sua casa, ma lei era anche
il suo scudo e riparo dalla neve, dalla gente cattiva coi denti forti che abusava. (Il male che si nascondeva in qualcuno era il male che sentiva pesare sulle sue spalle.
E piangeva, di tanto in tanto).
Stava meglio “perché le cose erano finalmente cambiate”, dicevano gli dei. Invece no, non cambiava niente, se non le nuove possibili combinazioni di sogni opachi da riordinare la mattina nel letto sfatto.
Sapeva che Marlene aveva degli occhi favolosi.
(anche se il loro colore virava a seconda della posizione del sole o dell’umore e lei veniva riflessa ogni volta con una luce diversa, lui sapeva che la amava).

Vennero scattate molte foto, in quel periodo.
Max fuori dall’aula di Marlene che guarda dentro.
Max dietro a Marlene nel corridoio.
Max che aspetta Marlene nell’atrio alla fine delle lezioni.
Max che sogna Marlene e rotola.
Max che sistema l’erba per Marlene nel marsupio.
Max che aspetta Marlene.
Max che aspetta Marlene.

Col passare degli anni del liceo svanì l’abitudine della marijuana e Max iniziò a procurare occasionalmente dei minuscoli cartoncini a tutti.
Gli acidi andavano forte, tra i psycho -punk psichedelici. Ne aveva una ricca scorta e la teneva divisa nelle varie scatole dei sandali della madre. Tutti si chiedevano da dove venisse, ma nessuno lo sapeva veramente. Svendeva e poi svendeva e poi regalava e svendeva e aspettava.

Max che si guarda nello specchio.
Max che sistema i cartoncini per Marlene nel marsupio.

Era insospettabile.
Indossava sempre uno dei suoi golfini pallidi firmati. Quello giallo o quello azzurrino.
Non si pettinava più prima di uscire, ma si schiacciava con cura tutti i brufoli gialli.
I prezzi li teneva bassi per tutti, perché a lui non importava dei soldi, a Max importava di lei. Lei che neanche gli chiedeva, che neanche lo guardava, che al massimo gli faceva un sorriso. O un saluto. O il sorriso o il saluto. (Non bisogna esagerare quando piaci a qualcuno).
Max non si faceva nemmeno, con la sua roba. A lui non andava di uscire da se. Voleva essere felice veramente, non voleva vedere le cose venir fuori dai muri e poi stare male e poi stare male di nuovo.
E allora aspettava l’appuntamento del giovedì sera impomatandosi il capo.
E aspettava ancora.
Ormai da un anno sopravviveva nell’attesa di una pillola settimanale di Marlene. Ricordava e sognava. Il giovedì sera a camminare intorno ai pesci rossi morti a pancia in su nel mezzo del parco. Lei che non era neanche la più bella di tutte, ma.
Gli regalava un cartoncino ogni tre, a Marlene. (Come faceva quel giordano vicino al parco coi kebab, crudi).
Poi.
Quando Joshua si era messo in testa di farla smettere, lei aveva iniziato a smettere e per Max la vita era diventata sottile. Iniziò a pregare e ad ascoltare il best of dei Culture Club ogni giorno, per ore, seduto in macchina. Gli si era gonfiato il viso a dismisura, e faceva fatica a parlare. Dopo poche settimane aveva perso sei chili e si sentiva come se avesse ingoiato un pompelmo intero. Bloccato nella bocca del suo stomaco. Il pompelmo e le malattie psicosomatiche. Le malattie psicosomatiche e il pompelmo.
Sospeso a testa in giù nell’esofago, i suoi piedi penzolavano.

Un martedì sera camminava in cerchio tra le mura del parco vuoto, pensando a Marlene e al senso di colpa stampato sul suo viso l’ultima volta. L’ultimo acido e l’ultimo sorriso, molti cartoncini prima. Pensò ad una poesia di Ferlinghetti e ad alcuni animali morti arenati nel catrame.
Joshua aveva sporcato il loro rapporto e aveva rovinato tutto.
L’aria correva e spaccava i muri, quando non riusciva ad evitarli. L’erba era umida per via della pioggia del pomeriggio e Max faticava a stare sui suoi piedi. Il perimetro del parco era nero e non si distinguevano i contorni degli alberi vicini alle mura alte del parco. Due. Solo un ciliegio storto e un melo e qualche cespuglio basso secco.
Sentì le foglie muoversi e raschiare tra loro producendo un suono dritto e continuo.
Pensò al vento e sorrise in direzione del melo.
Rimase sorpreso spaventato inorridito terrorizzato quando
vide un serpente enorme strisciare giù e penzolare da un ramo basso. Indietreggiò. Aveva gli occhi scuri che lo fissavano nel centro dei suoi occhi piccoli minuscoli castani. Il manto nero brillava, come qualche anno fa.
-ragazzino- lo chiamò il serpente. Max indietreggiò ancora fino a sbattere la nuca contro il palo di un lampione. –credi veramente che cambierà mai qualcosa?-
-io…-
-tu la vedi, poi la guardi, e ti accontenti di non sapere niente di lei, Marlene.
rinunci a tutto.
Per un sorriso, solo per quello-
Max lo ascoltava rapito da quella sua voce baritonale polifonica.
-poi qualcos’altro si mette in mezzo e ti toglie il tappeto e tu sei giù. A terra.
Credi che cambierà mai qualcosa?- lo incalza il serpente.
-io non lo so- rispose Max senza voce.
-no- lo interruppe -perché hai addosso quel golfino e tutte quelle croste in faccia. Perché non sai dire una parola. e nessuno parla con chi non sa parlare-
il serpente tacque per qualche secondo poi riprese a parlare –devi difenderti-
Cadde un’armatura di latta dall’albero.
Cadde pesantemente una spada di ferro vicino ai piedi di Max.
Il serpente si ritirò ruotando attorno al ramo più grosso.

Max si ricordava bene di lui. Era il serpente che gli aveva procurato il fattorino con l’erba e gli acidi. Ma adesso voleva che Max li facesse tutti a pezzi. Marlene, Joshua e i loro amici strani. Tutti quanti a pezzi.

Max tornò a casa e provò l’armatura. Calzava perfetta. E brillava d’argento.
Il mercoledì rimase a casa con indosso l’armatura e lucidò la spada tutto il pomeriggio.

Giovedì.
Conati di vomito.
Conati di vomito.
Sangue dal naso a fiotti. Una cascata.
Si incise sulla pancia con il coltello per il formaggio.
Non sapeva di preciso come sentirsi, come definire i fatti di quei giorni. Non sapeva cos’avrebbe fatto, ma non sapeva neanche quale male migliore lasciar appartenere al suo mondo. Voleva tutto e non riusciva ad afferrare le maniglie. Il male degli altri e il suo erano diversi, certo. Ma ai suoi occhi godevano entrambi degli stessi privilegi. Ai suoi occhi il male non aveva più alcun peso, e tutto era diventato piccolo e minuscolo. Un posto più alto in cui vivere, questo gli serviva. Aveva tagliato il cordone e si stava velocemente allontanando dal mondo a bordo di un’enorme mongolfiera. Il suo punto di vista era sempre più distante da quello degli altri, sempre più vicino a quello di Dio. Quando vide Marlene nascosta nel parco aveva la spada nella mano. Pensò al serpente nero e strinse forte l’impugnatura, mentre notò stupito che la ragazza non lo stava guardando, non lo stava guardando.
(Non stava guardando la sua armatura argentata, non stava guardando la sua spada lucida, non stava guardando la luce che il suo complesso d’argento stava riflettendo nel blu di quella notte gelida).

Fu in quel momento che vide le fate.

Seguendo lo sguardo rotondo di Marlene.
Erano molto colorate e molto piccole. Non riusciva a distinguere bene i loro lineamenti, ma erano dolci, dolcissimi. Sembravano fatte di seta. Di una seta leggera. Danzavano in cerchio attorno alla fontana e ridevano di gusto mostrando i dentini. Brillavano ancora più dell’armatura d’argento e si muovevano velocissime scambiandosi le luci.
Le vide danzare, le vide svanire.

Qualcosa si spezzò, dentro Max.
-ciao. Le hai viste anche tu?- le chiese stranita Marlene, all’improvviso di fronte a lui.
-s- sì-.
-e tu cosa ci fai vestito così? Cosa sta succedendo, stasera?- si guardò intorno.
-n- niente, credo- rispose Max lasciando cadere a terra la spada.

Max non aveva previsto sorrisi, fate, balli di gruppo, colori sgargianti.
Doveva essere tutto diverso, pensava. Doveva essere pieno zeppo d’odio. Tutto nero.
Ma qualcosa in lui si schiuse.
Aveva capito che il suo rapporto con le persone, che il suo rapporto con Marlene era continuamente innaffiato dalle cose che succedono. Lo sarebbe stato per sempre. Cose che non appartenevano a loro. Cose che lo avrebbero spinto da lì all’eternità su una barca senza vele e senza remi. E la distruzione avrebbe trascinato tutto giù, nell’abisso delle cose orribili.
Tutto quanto sepolto.
Giù.
Senza fate e senza niente di condiviso. Nient’altro che niente.

Vennero scattate molte altre foto, in quel periodo. (autoscatti).
Il sorriso di Max e ogni sua ferita non rimarginata.

12.09.2007

daniele luttazzi vs. snakes on a plane

la chiusura di decameron (luttazzi) mi fa pensare che dall'italia bisognerebbe andarsene. oggi. come vigliacchi. bisognerebbe calarsi i pantaloni e cagare nelle piazze. in tutte le piazze.
e poi andarsene. oggi.
sputando per terra
(la vostra terra),
che è solo terra.

IN UN PAESE DEMOCRATICO
può
un'opinione
diventare
cultura egemone
e
strozzare o
violentare
ogni
altra
opinione
?

certo.

OTTIMISMO (a 21 anni)
preso atto che il paese è una curva che cresce lontana lontana dall'asintoto democratico, non si può chiudere un (altro) programma con un pretesto, quando non si capisce nemmeno il pretesto stesso.

P.S. (odio i post script. nei post, è ridondante)
il post precedente è una coincidenza. non rivolgetevi a me per anticipazioni varie sulle vostre vite.

anche se nelle budella dei piccioni morti leggo un sacco di cose interessanti.

12.05.2007

polifemo e la papirologia

POLIFEMO.
io mi sento escluso, mi dicono.
la democrazia è censura?
-la democrazia è anche censura, certo.
POLIFEMO.
perchè?
-per tutelare la democrazia.
POLIFEMO.
voi cosa state facendo?
-stiamo facendo girare i cerchi. (è la piazza globale). e senza più porfido in terra, e senza più prati, perchè hanno asfaltato proprio tutto tutto. noi però stiamo facendo girare i cerchi.
tu sai perchè.
POLIFEMO.
perchè sono rotondi, fini. è difficile. perchè è divertente, immagino... ecco perchè.
-no, non c'entra.
è perchè siamo tutti in discesa.-

PARAGRAFODIFECIOVVEROCOSEINCUICREDO
(a lato)

1) "democrazia cristiana" non è un partito, è un ossimoro.
2) il relativismo culturale (invece) è un fatto, non un'opinione.

12.02.2007

TFF torino film festival

(conferenza con wim wenders).

non ho mai visto tanta gente
con gli occhiali da sole.

11.25.2007

dioscuri nella città del natale

1.la lepre
tornavamo a casa stanchi, guidati dalle stelle intermittenti stilizzate tirate tra i balconi dei negozi. c’era freddo e c’era natale. c'era rosso fuoco, proiettato sul cielo nero delle due.

le parole sulla fine degli esami e sul vuoto che si crea poi.
un’analisi distaccata del periodo pre- natalizio:
babbonatale è un ispano-marocchino.
nanna, cuscini alti e bassi.
e le cose che si devono fare sempre.

una lepre se ne stava sul ciglio della carreggiata a fissare noi, la nostra macchina veloce circondata da fate minorenni conciate a festa, bacche e pellicce bianche. la nostra macchina, portata a spalle da quattro commercialisti in costume, accelerò dopo la curva. e poi la lepre. ci guardava con occhi neri fissi e sporgevano (gli occhi di chi si è perso seguendo le stelle). poi stop.
ci sfrecciò davanti e rimase sotto la ruota anteriore destra della opel di B. gli occhi neri e fissi sulle luci intermittenti sotto il tetto di un ipermercato di nani da giardino.

2.il vecchio e il cane
camminavamo lungo il marciapiede. tre persone.
parlavamo e ridevamo e fingevamo di sembrare arroganti per evitare di lasciare intuire la nostra arroganza (contratto sociale).
il cielo era limpido e riscaldava le nostre felpe di lana.

avevamo il pranzo tra le mani che scottava nei sacchetti. Ma noi. noi non riuscivamo a spogliarci e non c’erano più panchine, non c’era più vita.
non c’era più niente intorno.
la guerra rosicchiava tutto senza versare una goccia di sangue. noi passammo accanto ad un bar chiuso, e ad un altro. e poi.
non smettemmo di ridere per ore. e poi?

poi vidi in lontananza un uomo anziano, con un cane.
camminavano entrambi lentamente, sul marciapiede rotto dall'aeronautica. l’uomo zoppicava, rotondo. indossava un cappello grigio e sporco di vernice bianca. il cane era un pastore tedesco grosso e vecchio, e trascinava le zampe posteriori dondolando il culo basso e peloso da sinistra a destra su e giù.

realizzai. e il freddo entrò nelle ossa.
stavano andando a morire
insieme.

li superammo, e smisi di ridere

11.18.2007

croci

paola perego. truccata. detta p.p. in lacrime. sulla poltroncina bianca spugnosa.
della rete privata nazionale più bella di tutte quante le più belle reti nazionali.
è in piedi sul fondo e guarda giù nel buco. un lombrico giallo sieropositivo si sta infilando sotto il suo completo nero griffato.

(non si tratta di finzione, di sincerità. non si tratta di palinsesti, gore, opinionisti inutili con la frangetta. non si tratta del logo,
no global, non si tratta dei mattoni sulle teste, mattoni sulle vetrine di armani d&g versace vivienne westwood, la letteratura mondiale di oggi, di sempre. tutto passa veloce e fischia e poi non si sente più fischiare e tutto è sotto i piedi di tutti. musica e film cotti nel forno con la nostra testa croccante ancora congelata "stai andando troppo forte con la tua honda, jack?".

competenza e incompetenza non importa. non importa se sappiamo chi spara, chi ti taglierà il cazzo con le forbici
chi arresterà tuo figlio morto in chiesa?
non importa del pd pc msi (u)dc casa delle libertà condizionate liberisti squadrati portamerda. il mio cattivo gusto fotocopiato quando odio. odio. odio. non importa
la pubblicità dei tuoi bulbi oculari)

ciò che conta è la grandezza. e non si tratta di dio.
ciò che conta è l'arredamento del fondo globale- pizzi e mobilia.
poi cosa?
contano le nostre carcasse.
"contiamo le nostre carcasse"

siamo tutti minuscoli
sfocati
e pieni d'odio.

10.27.2007

dischi 2007 nella calza (parziale)

1.molto favolosi.
misha. "teardrop sweetheart" tomlab pop elettro lo-fi
!!! "myth takes" warp funk - punk
devendra banhart. "smokey rolls down thunder canyon" XL hip folk + classic rock
deerhoof. "friend opportunity" tomlab no wave pop
von sudenfed. "tromatic reflexxions" domino elettronica
animal collective. "strawberry jam" domino hip folk exp
beirut. "the flying club cup" 4ad folk
akron/family. "love is simple" young god psycho hip folk

2.molto molto carini.
bat for lashes. "fur and gold" EMI? echo? parlophone? elettro folk
architecture in helsinki. "places like this" coop (V2) elettro grease pop
modest mouse. "we were dead before the ship even sank" epic rock pop
liars. "s/t stumm 287" mute new no wave
tunng. "good arrows" full time hobby folk pop giocattoloso
cocorosie. "the adventures of ghosthorse and stillborn" touch & go no folk no pop (hip? hop?)
shins. "wincing the night away" sub pop pop
josh rouse + paz suay. "she's spanish, I'm american" bedroom classic too pop
lcd soundsystem. "sound of silver" EMI elettro funk rock
iron & wine. "the shepher's dog" sub pop folk pop
clap your hands say yeah. "some loud thunder" wichita garage neo wave

incompleto causa
wilco?
radiohead?
of montreal?
stars?
altre cose altre?

mi diverto ad inventare le etichette.

10.21.2007

prima di chiudere gli occhi, dopo averli aperti

1.
Ho dato da fare questo a edo. Stasera ci siamo visti e gli ho chiesto di scriverlo. Non perché lui sia bravo, ma perché bisogna ricordarlo. Come quelli che scrivono i loro sogni su un quaderno pieno nascosto sotto il materasso, sotto il cuscino, sotto la luce della vita di oggi, di domani.

Resta tutto impresso sui fogli. Anche quello che dimentichiamo nelle ore, negli anni, rimane impigliato tra le righe dei quaderni, nella carne delle fotografie. Tutte le fotografie.
Polaroid
Nel computer
Sfocate
Attaccate al muro
Nel portafoglio
Nell’album con su disegnato paperino

E ci ricordiamo nel nostro desiderio morboso di ricordare, tutte le cose belle e orribili e insignificanti. Cose da raccontare e da raccontarsi,
ora e ancora per sempre. (un occhio sui tatuaggi).

Il desiderio di catturare gli odori ormai spruzzati via da altri odori che poi un grosso deodorante Intesa disperderà e renderà lontanissimi e irraggiungibili. Il desiderio mio tuo suo. E la paura di dimenticare ogni piccola cosa. La paura soffocata dai nostri racconti, che poi ritorna per farci ombra.
“le imprese sono troppo impegnative”
“non si vive rincorrendo le imprese”
“si vive raccontando il superfluo, l’insignificante”
“ci inventiamo sempre un sacco di cose buone, giuste”
(già).

Il superfluo delle nostre vite è lo sfondo vuoto sul quale inventiamo tutte le imprese insignificanti che ci spingeranno poi a ricordare noi stessi attraverso le parole. Ma questo non vuol dire niente, questa frase non vuol dire niente.

Tutte le cose buone, tutte le cose cattive, tutte le cose inutili.
(non ci resta che raccontare tutto quanto).

Il racconto nudo se ne sta su per conto suo. Lampeggia.
(Per ricordarci il sollievo di scoprire di non esserci dimenticati ieri).
Regge tutte le botte e i cazzotti della vita. Perde tutti gli incontri ai punti, sempre,
torna a casa coperto di sangue ed ematomi. (intanto tutti dormono).

Un racconto mi ha accarezzato.
Un racconto mi ha strappato le braccia.
Un racconto mi ha abbracciato e fuori faceva un gran freddo.


Perciò vado a dormire. Mi sveglio dopo cinquant’anni. E mi ricordo l’ultima cosa alla quale avevo pensato prima di addormentarmi. (Ero così stanca che ho potuto scegliere).
Ricordo di aver pensato “domani mattina devo ricordarmi quello che sto pensando”.

2.
Ieri ero stanca. Una giornata lunga e faticosa mi spintonava verso il letto ancora freddo e io avevo finito tutto. Mi infilavo sotto tutte e sei le coperte, mentre le palpebre mi cadevano sugli occhi e pensavo che avrei dovuto tenerle su con le dita, per vedere tutto il sonno trasformarsi in cotone, ovatta e poi ancora in sonno.
Non potevo fare a meno di sorridere. Sarei restata rannicchiata in quella posizione
per sempre.

Mi venne da pensare al contenuto dei miei pensieri imbottigliati sotto un tappo a vite colorato molto attraente. Nascosi tutto il barattolo in una tasca del pigiama.
Posso controllare il sonno” pensai. Non avevo bisogno di rompere o aprire o sbirciare dentro.

Un giorno o l’altro mi trasferirò su Marte e cambierà tutto quanto, mica il solito... Decido io quando sono fuori da oggi…
E quando sono lì in mezzo le regole cambiano, belli. Qui non è oggi…
Sono fuori dal mondo, proprio a metà tra oggi e domani. Eh, eh.
ma non conosco le regole nuove. Che peccato…
Ma il teatro sarà pur servito a qualcosa, no? Bisogna improvvisare, qua… Posso capire qual è il momento esatto in cui mi addormento. Questo è quello che devo fare…
Sono magica
!”

Ero curiosa, ero stanca. “Questo non capita spesso, capita magari una sola volta nella vita”, pensavo. Come l’eclissi totale di sole. Se te la perdi, addio.
E allora.
L’ultimo animaletto sfocato, prima di chiudere gli occhi. (Non importa quale).
L'ultima bomba H. Dove.
L'ultimo cioccolatino sul vassoio. L'ultimo gorilla bianco.
L'ultima frase
Devo pensare ancora a un’ultima cosa. E poi ricordarmela, domani”.
Dovevo ricordarmela. Non pensavo ad altro

(...)
Ce l’ho fatta!”
è stata la prima cosa che ho capito, nel letto caldo di questa mattina. Dopo aver aperto gli occhi.

3.
Siamo seduti in macchina. L mi ha appena detto che l’ultima cosa che ha pensato ieri notte prima di addormentarsi è stata “domani mattina devo ricordarmi l’ultima cosa che penso stanotte”. Ridiamo un po’ e io la guardo con gli occhi sottili coprendomi la bocca col palmo della mano destra. Lei ha gli occhi grandi e sorride, mentre prova a spiegarsi. Poi mi chiede di scriverle un racconto sul suo ricordo pre- sonno e io sono contento, perché credo che mi sia stato appena fatto un complimento. Penso che non ho nessuna idea sul come scrivere una cosa del genere.
“va bene”, rispondo.

10.20.2007

recensione reticente di due romanzi

(...)

quando ho chiuso saltatempo mi è venuta voglia di raccogliere mirtilli more lamponi ananas fichi melograni. e di vedere le cose buone che non ci sono e di leggere tra le righe del bosco qua dietro e del bosco là dietro.
poi
ho finito di leggere glamorama. mi sento usato

9.12.2007

polifemo e il ragtime

POLIFEMO.
non sono democratico.
non ho più un posto nella società civile?
-no. ma tu credi che la democrazia sia democratica fino a questo punto? no, non fino a questo punto. te lo assicuro. le cose non vanno così.
POLIFEMO.
credo che il totalitarismo col giallo sia perfetto.
calza bene,
come un guanto. non credi?
-già.
POLIFEMO.
ma cosa è democratico?
-tutte le cose gialle che trovi in quel cerchio.

9.11.2007

frank sinatra

everything is illuminated.

9.05.2007

l'erbetta è verde e il cielo è nuvoloso

quando la stanchezza in vacanza è okay e ti sdrai col fiatone in una tenda o in una camera spaccata d'ostello. finisci per pensare all'aria nuova che ti è entrata in bocca e che ti si è depositata sotto la lingua. ti addormenti sapendo che quando tornerai nella tua stanza gialla azzurra bianca arancione con i tuoi poster colorati e animali domestici col fiato pesante
sai che poi quell'aria tornerà a rimbalzarti in bocca così che potrai ancora sentire il gusto del tuo pezzo di nuvola irlandese.

poi vedrai le foto muoversi e le pecore volare, vedrai le persone sgomitare a temple bar con le birre tra le mani, vedrai chilometri di rocce con su un cappello di nebbia, la strada lunga verso il mare, vedrai rubinetti enormi e casette curate una in fila all'altra, cantautori e artisti ammucchiati sulle strade di galway, vedrai l'arrivo di un giro non tuo, il quartiere polacco, vedrai fagioli uova e salsiccia a colazione, alan che spunta da un buco nel muro, vecchi ubriachi salire sui taxi la notte, vedrai giovani autisti gentili e la fame malata appiccicata alle pareti di burger king, ma soprattutto vedrai i nostri occhi brillare anche sotto il cielo coperto.

8.21.2007

santo domingo


nessuno guarda negli occhi il mio gatto all'osso.
la gente continua a morire e penso che la luce e il cinismo siano indispensabili. per capire le nostre radiografie

8.20.2007

personalemusicmixestate

questa è la compilation estiva del mio 2007. adesso che è finita l'estate posso esserne certo e renderla inutilizzabile.

1 I'm from barcellona "oversleeping" un bel pezzo pop svogliato pacchiano semplice semplice

2 Daniel Dale Johnston "love forever" perchè mi fa ciondolare la testa. perchè "funeral girl" sarebbe stato un titolo poco estivo. perchè Daniel


3 Mirah "don't die in me" una canzone ottima per essere ascoltata. che dolce, già

4 Pavement "at e t" per sbattere contro le persone e vaffanculo i verve


5 Mamino "il dolce con la crema no" questo è il pezzo di un amico che è il gian. questo pezzo glielo fotteranno


6 Flaming lips "W.A.N.D." batman che combatte terminator nelle palline di macdonald


7 Calvin Johnson "I'm down" special K. Mtv dovrebbe pensare ad un reality gara per entrare nel cervello di Calvin johnson una settimana


8 Gogol bordello "wonderlast king" un pezzo folk che tiene l'estate sulle spalle. che scalza Santa Marinella dalla casella di Gogol. il sacrificio della bestemmia


9 Germs "circle one" per alzare il volume

10 Tender forever "tender forever" tender forever

11 Modest mouse "black cadillacs" il mio gruppo forse preferito. un disco favoloso. una canzone che gira gira gira gira gira


12 in the panchine "stolen car" ho sentito un pezzo del gemello su un campionamento dei notwist. questo ha confermato roma rap in the compila


13 Dead Kennedys "viva Las Vegas" una bella cover divertenteh eh eh


14 Maher shalal hash bax "different daylight" fare pop con tromboni e chitarre scordate è notevole. anche questo pezzo è notevole


15 Ugly casanova "pacifico" il signor modest mouse ancora, ma su altre strade. la spargisale è accesa


16 Royal trux "yellow kid" il pop disturbato funziona


17 Richard Hell "blank generation" ottimo, un altro inno. sul finire degli anni settanta


18 Hang on the box "yellow banana" oh beh, così scarse che è bene così


19 Buzzcocks "I don't mind" aiaiaiaiaiaiaai più capelli a terra


20 Clap your hands say yeah "some loud thunder" uno dei pezzi più belli del 2007 prodotto da dio. sembra rec su cassetta. ma quando play funziona tutto e tutto esplode.


21 si chiude con Gogol bordello e precisamente con "illumination"

ora si punta avanti.

7.25.2007

democrazia diretta B

ho visto il video rap dell'amico di fabrizio corona
che
comprende fotogrammi di fabrizio corona
nel privato
della disco
e nel pezzo un campionamento di fabrizio corona che si difende.

ho pensato "finalmente una canzone di protesta aspra costruttiva intelligente e polemica". poi ho pensato che dev'essere stato difficile per fabrizio corona guardarsi le dita dei piedi mentre veniva sodomizzato da quell'elefante azzurro normodotato.

unghia rotta male
scolo
merda semifredda
epatite
fame
fame chimica non smettere
morsi della fame
ghiacciolo al catarro verdegiallo depositato sulla lingua durante la notte
peste bubbonica. a pois. a strisce
tettonica a zolle
apocalisse particolarmente profumata
testa mozzata di un toro. nel bidè
rosicchiare la carne attorno al femore mio tuo
glamorama
rabbia medioevale irrazionale

ascolta uochi toki, ne vale la pena
ascolta uochi toki, ne vale la pena

7.19.2007

democrazia diretta A

toh, mi hanno appena detto che arriva la cicogna per la seredova.
(si sono anche disturbati aprendomi una finestra).

ho giusto iniziato ieri a fare bird-watching con la cerbottana.

7.18.2007

sulla musica mod2

il gian.
il gian ha comperato un basso anni fa e faceva punk. dopo si è preso una chitarra e ha iniziato a scrivere. canzoni. poi ci ha messo degli effetti. adesso ha 19 anni e deve fare spazio sul computer perchè non gli stanno i progetti.
Ha la testa giusto ottima per una serie di cose, il Gian. (animale raro raro composto da acqua e formaggio). ha il talento buono, sicuro.
il mio gatto aveva il pelo rado, adesso sta migliorando ed è anche un po' più paffutello.
il Gian assaggia sempre tutto. (assaggia e mastica, già). squarcia e ci guarda bene dentro con tutti e due gli occhi. raccoglie film e libri, dead kennedys, raccoglie rap, raccoglie parole, belle and sebastian, raccoglie techno.
come w.borroughs con le droghe.
i miei due gatti quando pranzano assieme è meglio che gli dia da mangiare.
io gli do dei pezzi miei e lui me li riporta che addirittura suonano bene (esclamazione), allora teniamo il progetto a distanza in cui lui fa quello intelligente. e io sono quasi offeso.
"lo-fi per forza di cose" (la scelta a volte è un'altra cosa). come dice walt.
(la mia gatta ha un pelo favoloso e se lo tiene sempre pulito).
bisogna farlo passeggiare di più, nanacleto.
okay, poi magari l'anno prossimo gli suono i legnetti in qualche pezzo.
Un giorno il Gian ha incontrato la mia gatta per strada e le ha detto "ti vedo bene, minnie". lei stava pensando ad altro, aveva gli occhi lucidi. una nuvola si stava spostando più velocemente delle altre e la seguiva con lo sguardo. poi
la mia gatta corse per otto anni. (oltre i cancelli e i palazzi e le montagne). fino a quando non si mise a piovere, e pianse.

a casa il gatto nero nero gay abbraccia dolce nanacleto. Gian vede tutto, dall'uscio. dietro ha il fumo, a terra cenere, davanti la luce del sole.
minnie cammina a grandi passi verso casa.
da quando il mondo è esploso non è più la stessa cosa.

7.17.2007

ormai Elvis è morto sicuramente

Ho visto lo zio Sam nudo e chino in giardino.
aveva tra le mani
una pistola ed un panino.

-Ho visto il suo sorriso... tu che cosa vedi? -
Ho visto due
grossi vermi verdi divorargli i piedi.

(2006. piccioni buoni)

7.15.2007

sulla musica mod1

ho risolto il problema del galeone.
io ho suonato in alcuni gruppi di amici. era bello suonare con qualcuno. ma la continuità è difficile come pisciare su un levriero.
-credi di essere tanto figo solo perchè sai dove si scrivono le cose su un blog?-
poi ho registrato cinque demo per conto mio. (diciamo scarse). due in italiano. tre in inglese (l'ultima è della settimana scorsa). cerbero mi ha sgridato, io ho detto "ok". dunque ho raccolto alla rinfusa i pezzi in inglese in un misto con la copertina figa. Ci ho aggiunto tre canzoni: the dead1, 2 e 3.
il mio vecchio gruppo dei "Tedeschi Suonano Altri Tedeschi" è diventato una casa di produzione fittizia che si dirama in una serie di y sussidiarie denominate "Home Records". (La mia casa è una, di conseguenza...).
gli ex-membri dei tedeschi continuano a fare ottima musica. io li guardo fare dell'ottima musica e a volte parliamo, sempre volentieri. una volta ho anche cantato in un pezzo di W registrando la voce col pezzo in cuffia e mi sono sentito bene. ma è lui che fa ottima musica. irimpiantis'impiglianodappertutto.
ho partorito tre demo insieme ad un amico per un progetto stimolante "altro" importante, ma ne abbiamo stampate solo due. adesso arrangio i suoi bei pezzi pop scimmiottando Calvin J., ma la K records è molto in alto. iosonoqualchescaffalesotto.
a me resta il fruscìo e mi tocca storcere il naso.
il fruscìo...
suono a distanza col Gian. ma lui è più capace e mi sa che prima o poi gli spacco il computer.
ho iniziato a scrivere dei racconti. non ne ho finito nessuno. ma "andrà tutto bene", ho pesato.
Poi il mondo è esploso e sono finito su Nettuno.

Il sole mi ha picchiato forte

Oggi il sole mi ha picchiato forte e ho pianto. poi ho scoperto che non riesco a capire niente di tutta questa roba del blog. non posso avere un blog. tutto ciò è molto deprimente. resto con un cazzo di galeone sulle barre blu e non so da dove viene, e non so come mandarlo via.
ho trovato una mazza...

la zuppa (lo-fi e parole)

questa è un'introduzione. e una dichiarazione d'intenti... non ho nessun intento particolare. questa è l'introduzione.

io le introduzioni le salto sempre, per questo ho la barba