12.24.2011

dischi nella zuppa - 2011

 Destroyer . Kaputt
Thee oh sees . Castlemania
Pat Jordache . Future songs
 Dargen d'Amico . CD'
Kurt Vile . Smoke ring for my halo 
 Action Bronson . Dr. Lecter
Bon Iver . Bon Iver
 Tyler, the creator . Goblin
 Zola Jesus . Conatus
 Jonathan Wilson . Gentle spirit
Josh T. Pearson
Fleet Foxes . Helplessness blues
 James Blake . James Blake


12.13.2011

dare dignità intellettuale a casaPound

sto leggendo i racconti di hemingway, quando un verme mi passa a fianco al braccio. allora prendo hemingway, faccio salire la bestiola sul libro e la porto fuori. poi cade dal balcone

11.06.2011

incertezze assolute

razionalità e irrazionalità confinano lungo una linea generica che separa la sabbia dal mare. google maps presenta una fotografia approssimativa delle acque e delle terre, per questo possiamo distinguerla nettamente. una mattina di ottobre affondo i piedi nella sabbia bagnata di un mare gelido qualsiasi, sono solo e ho freddo solo in parte, mentre mi accorgo che le onde ritirandosi tra le mie caviglie hanno trascinato il confine sotto cinque dita di sabbia bagnata.

10.23.2011

lettera a un bambino non ancora morto

la gente muore. chi sta intorno alla gente che muore un pochino muore dentro quando gli arriva la notizia. ovvio che la gente non vive solo con le persone che gli sono vicine. non sempre almeno. la gente vive anche nelle immagini e nelle parole, cioè dentro i racconti. e le storie che sono dietro a chiunque valgono la pena di essere raccontate. per questo tutti valgono almeno cento lacrime di base. anche le persone più cattive, perché non c'è nessun uomo che può dire quante lacrime vale veramente una persona e neanche dio. che poi anche se ci fosse dio alla fine chissenefrega a noi non ci cambia niente nella nostra vita. l'errore più grande che possiamo fare è decidere per tutti che questi morti valgono cento lacrime e questi altri invece valgono mille lacrime e questi altri ancora, solo cinque lacrime. possiamo dirlo per noi stessi, ma non possiamo farlo per tutti, non possiamo pretendere, tanto anche questo genere di pretese non ci porterebbe mai a niente di meglio. come dio, anche. 
tu invece, quando muore qualcuno, ricordalo e portatelo dietro, perché la memoria funziona così: è come avere tutto il paradiso in un astuccio, dove tutte le persone morte che ti piacciono vivono nelle tue storie e nei tuoi racconti per sempre. fai come fa il canguro, metti il tuo passato e il tuo futuro in un astuccio dentro la pancia e rimbalza.

10.18.2011

candeline

la capacità polmonare è una cosa che funziona. non so se è figa, ma alla fine funziona. cioè, uno può anche soffiare sulle candeline fino a cento anni se ha una buona capacità polmonare. 

GRAZIE POLMONI CHE CONTENETE L'ARIA E IO POSSO ANTICIPARE CENTO CANDELINE

10.16.2011

la violenza

la violenza è quella cosa che se il tuo amico ti ruba il papero e ti dice non te lo ridò più ed è pure più alto di te e se lo tiene in alto con le mani lisce di crema idratante e ti guarda attraverso con la bocca storta verso giù quella della sfida già decisa, ti viene da spaccargli la faccia. ecco la violenza non è che uno si aspetta che gli spaccano la faccia per spaccare la faccia indietro. 


la violenza è anche soprattutto che se c'è un cancello tra te e il tuo papero tu ti arrabbi e spacchi tutto lo stereo e la patina di ghiaccio sul lago si rompe e chi cade cade e voi potete anche morire

10.11.2011

stanford university experiment

"L'esperimento dell'Università di Stanford fu un esperimento psicologico condotto da Steve Jobs nel 2005 volto ad indagare il comportamento umano in una società in cui gli individui sono definiti soltanto dal gruppo di appartenenza. [...] Gli inattesi risultati ebbero dei risvolti così drammatici da indurre gli autori dello studio a sospendere la sperimentazione."

Wikipedia

gatto

il mio gatto mi è collassato davanti. è rimasto incastrato rigido a terra, e ha cagato sul pavimento una merda marrone dall'odore pestilenziale. dopo averlo calmato, accarezzandolo mi sono accorto di una palla di qualcosa in mezzo alla sua pancia. una palla che non avrebbe dovuto esserci. la palla l'ho chiamata morte. lui invece l'ho lasciato a zampe in su, a giocare con le mie dita ancora per un po'

10.06.2011

addio a steve jobs

caro steve, non vorrei sembrarti insensibile proprio nel giorno della tua morte perché in fondo le capisco tutte le lacrime di queste persone. tu sì che eri brillante e ricco. e se vogliamo questa cosa è un po' come se un obeso venisse a sapere della morte di burger king.


ecco, questo è il mio addio:
grazie steve per averci creato nuove necessità delle quali non avevamo affatto bisogno.
amen

10.02.2011

alcune disgrazie

roma termini, lucio lo sparuto scivola sulla cera del pavimento e si apre la testa contro un carrello. nel pomeriggio, ancora accasciato, muore mascherando la morte con uno svenimento. passa un mese ed è ancora lì. passa un anno ed è ancora lì. gli inservienti nel frattempo scoprono che sopra i cartellini col nome qualcuno ha scritto "casa" con la biro. molti di essi si interrogano sul senso della vita organizzandosi in piccoli gruppi: chi sa pilotare un aereo, chi fa il sub, chi sa cucinare la carne di cavallo

9.22.2011

dal mare alla sabbia, A\R

i r.e.m. sono le vacanze di quando ero piccolo, la macchina bollente mentre tornavo dalla spiaggia con il naso sbucciato e le formine, il vento che entrava dal finestrino e io socchiudevo gli occhi guardando il libretto di new adventures in hi-fi.

e poi ci fermavamo a comprare le schiacciatine di patate.

e poi ci fermavamo a comprare le schiacciatine di patate, e mia sorella aveva i ciuffi nei capelli e le guance paffute. la mia testa sembrava un paiolo rovesciato e insieme cacciavamo i calabroni sulla lavanda dei vicini con i racchettoni da spiaggia. non ricordo le nuvole, eccetto quelle bianche, enormi a forma di spraypan.
mentre riempivamo i barattoli di conchiglie non ci importava il fatto che a riaprirli, dopo tanti anni, avremmo ancora potuto sentire l'odore del mare. 

ricordare vuole dire tirarsi in faccia il cibo colorato come in hook capitan uncino


8.25.2011

il turista

la scozia è piena di colline che sprofondano. il turista le scala in parte, con la paura di cadere in un buco profondo mille metri. tuttavia, non arriva fino alla cima (la cima della collina) ma mentre ci prova elabora metafore, e si domanda quale metafora possa essere più efficacie tra quella dei piedi che sprofondano e quella che non si raggiunge mai la cima. il turista si accontenta sempre delle prime metafore che gli vengono in mente, dimostrando una certa qual voglia di evadere: per salire su una collina piena d'acqua in scozia, infatti, la primissima cosa che dovrebbe fare è guardare bene dove mette i piedi, per non calpestare le metafore

8.15.2011

sacchi

"è un sacco saltellante." riferito a qualcuno (che è molto saltellante), o riferito a un sacco di corda che saltella. la cosa importante delle storie non è il soggetto ma l'energia che esse esprimono. non è la complessità, ma la semplicità precaria di mettere due parole in fila che sembrino oneste, sincere. come l'amaro. 
[...]che si debba sottrarre sempre alle proprie storie la pubblicità di se stessi è inevitabile, ché la pubblicità non può essere onesta per definizione. anche le persone difficilmente lo sono. quindi andate fieri delle vostre parole e di tutti i sacchi, qualunque cosa vogliate intendere con "sacco"

7.13.2011

appena prima della fine

Fuori dal negozio del barbiere il vento spezza i rami più piccoli. Intorno al parcheggio è quasi sera e io sono circondato da nuvole nere a forma di ragno.  Salgo in macchina, guido verso il lago che dista poche centinaia di metri da casa. Due. Quando entro nel parchetto non c’è nessuno eccetto l’aria che mi sposta la maglietta sul lato. Il parchetto è vuoto, la luce scura fa risaltare lo scivolo, i sostegni delle altalene, le fontane. I bambini sono a casa e hanno appena finito merenda, e non escono perché viene il temporale. Io cammino verso il molo sprofondando in un fango di foglie zuppe, mi siedo a un metro dall’acqua, a fianco di una manciata di anatre che circondano un pallone incastrato tra le alghe. Il vento fa girare il nero nelle nuvole e increspa il lago tutto nella mia direzione. Sembra che qualcosa voglia investirmi, ancora prima che venga il temporale. La mia vita è fatta di vento, acqua dolce e grosse piattaforme di cemento. 

 


6.28.2011

vasodilatatori

prendi la macchina, chiudi la porta, te ne vai per un po'. prendi la macchina, l'aereo, ritorni e lasci pillole e messaggi in parti uguali nella scatoletta sigillata con un elastico di quelli per chiudere i grissini. prendi l'aereo, il trattore, carichi i materassi sulle spalle e lasci le tue foto appese poi festeggi. o non festeggi, qualcosa ti inventi comunque per fare stare un divano intero nel cellofan. torni a casa, come i tanti, prendi un aereo per l'india con i tuoi vaccini e mp3 dei beach house nell'i-pod. ti si incrociano gli occhi, mangi le pagine del copione interlinea uno come lady gaga da david letterman, ma lo fai veramente. solo per te. mica come quella stronza di una popstar che tanto tutto le è sempre dovuto. da barcellona al sassarese alle montagne all'india non c'è partenza nè ritorno, solo strade. e una rosa per ogni possibilità

6.17.2011

prendete la cicciona

suddividere la vita in mete. classificare le mete dalla più importante alla meno importante. suddividere il giorno in passaggi essenziali al raggiungimento dei propri obiettivi. mete = obiettivi. avere a che fare ogni istante con l'irrazionale che dirige i bisogni soffiando quel vento tiepido e quasi impercettibile che impone alla persona un mutare continuo (e quasi impercettibile) dei tratti somatici delle proprie mete. fare merende estemporanee per evitare la lettura di saggi di antropologia economica giustificandosi con la parola indole. spiegare la parola indole con la parola cinismo. rendersi conto della pretestuosità della parola cinismo. tornare sui propri passi, più o meno intorno al punto circa la poca solidità dei propri obiettivi. scrivere un post, su questa roba

6.15.2011

cosa cazzo ci fai a portland?

mi serviva un posto per pensare. abbastanza lontano da casa, abbastanza isolato.

ma se è una cazzo di città.
bè?
no dico, ci avrai pensato vero che è una cazzo di città?
certo.
e non era meglio il molise, tipo, cazzo ne so.
troppo vicino.
ma vicino a cosa?
a tutto.
ma tutto cosa?
non rompere i coglioni.


sull'interpretazione delle distanze in funzione dei propri bisogni. sull'impossibilità di dare spiegazioni razionali alle proprie decisioni. sulla pretestuosità di certe questioni personali, capricci derivanti da un certo benessere economico

6.05.2011

antropolli

quando siamo scesi dall'aereo non c'era la terra ad accoglierci, ma ancora vento. serviva ad evitarci la merda dei piccioni mentre sfrondavamo le nuvole una ad una e parlavamo di dio, del fatto che una certa verticalità nelle dinamiche relazionali tra persone fosse necessaria. anche tra persone e divinità, o persone e animali, per esempio che gli orsi avessero delle enormi zampe molto più comunicative degli slogan di piazza.
parlavamo così forte che ci scoppiavano gli addominali, poi la testa e quasi dimenticavamo che stavamo scendendo dalle nuvole a grandi passi ormai convinti che dio avesse mandato la forza di gravità in mezzo agli uomini per rappresentare la loro totale assenza di libertà

john barth

perché tutta questa faccenda non è una barca a vela?, mi ricordo di essermi domandato in mezzo al dolore che mi straziava; allora avrei potuto lasciar andare ogni cosa, barra del timone e scotta, e il battello avrebbe potuto prendere la direzione della brezza e restare con la prora al vento, e io avrei potuto dormire.


(tratto da l'opera galleggiante)

5.13.2011

i fiori non cadono nel tempo di una fotografia

affondo nel divano. mio nonno taglia un kinder delice sul tavolo della sua cucina col coltello. lo mangiucchia lentamente. mi racconta del lavoro e di suo suocero che portava il carretto di mele su per una salita del paese. mentre sta ricordando si ferma e ci pensa, fissando il soffitto appena sopra di me. la polvere della cucina scompare. a lui tremano le labbra e fuori è ancora un giorno di primavera del '58

4.29.2011

io, moderno

mi chiedevo perché non mi frega più un cazzo di politica. ho trovato una risposta nel concetto di accanimento terapeutico. ecco, sono contrario. a dire il vero in ogni aspetto della vita tendo ad evitare l'accanimento terapeutico. dall'amore al basketball, dalle amicizie alla caccia alla lepre.
[...]
la strada è l'indolenza, dunque. la condanna a perdere pezzi, emozioni, pezzi. e non è una strada produttiva. allora mi appello a voi. tenetevi stretti la vostra fede, le vostre ulcere e il vostro attaccamento alla vita. battetevi per difendere i vostri ideali antiabortisti o pseudo-fascisti, accettate lo scontro e fatevi ammazzare con onore generico.

4.12.2011

indovinelli per i più piccini

1) me ne sto schiacciato insieme ad altri cento in una stanza in mezzo al deserto per tre anni. appena si apre uno spazio mi torturano. preferisco quando sto stretto e senza acqua. mi vendono, mi scambiano, mi rivendono, perdo valore, mi lasciano andare. cavalco le onde con una baracca che fa rumore insieme ad altri cento. alcuni dall'altra parte mi vogliono sparare ma poi finisce che mi mandano solamente in un altro posto, in un altro mare. 

chi sono?

2) risolvo problematiche complesse proponendo soluzioni semplici e inappropriate. per ottenere consensi faccio leva sull'ignoranza dell'opinione pubblica riguardo ai drammi della globalizzazione. mi vesto di verde. 
chi sono?

3) sono un insieme di stati occidentali e nascondo politiche estere naziste dietro ad una bandiera simbolo di democrazia e cooperazione internazionale. mi preoccupo di esportare i diritti civili a fucilate laddove non riesco ad intrecciare relazioni economiche vantaggiose con i regimi militari. di tutte queste cose non parlo sui media locali. perché dove c'è democrazia non c'è informazione, e viceversa.
come sono disposte le stelline sulla mia bandiera?

3.25.2011

morire

finché stabiliamo che il passato è parte integrante del nostro futuro non è necessario essere vivi per essere ancora vivi.

2.23.2011

ARCORE

un potente signore di 75 anni si può tirare la faccia, certo. il suo chirurgo plastico lo guarda e annuisce. dice che è il caso. yes, we can. l'immagine pubblica migliora, il vecchio ringiovanisce, apparentemente, e i suoi conoscenti lo considerano una persona di bell'aspetto. il chirurgo promette addirittura che gli elettori, ad ogni sua apparizione, si sentiranno come toccati dalla grande mano invisibile di adam smith.


la faccia: questo contempla l'operazione: la faccia. si prendono due lembi di pelle dietro le orecchie e si tirano sulla nuca tendendo la superficie flaccida che ricopre gli zigomi del vecchio. ed è un po' come prendere per le orecchie bugs bunny e fissargliele su con dei chiodi da 9 pollici. il vecchio, in questo momento, ha la pelle degli zigomi sui timpani e non ci può sentire. allora il chirurgo, con una serie di manovre sulla faccia ancora anestetizzata, gli libera le orecchie, taglia la pelle di troppo, e fodera di soppiatto la montblanc con la quale il paziente firmerà l'assegno. ed è subito sera. sono le 17.30 e con la faccia siamo a buon punto. il paziente è bello come il sole e col vestito e le scarpe di cuoio nero sembra che abbia dieci anni in meno: 65. tanto basta per giustificare l'intrattenimento serale con una decina di ragazzine a strizzargli le palle. il problema del vecchio però adesso non è la faccia, è tutto il resto, che è solo tenuto insieme dall'abito.


e tu non hai mai visto un vecchio mettersi i calzini. non hai mai visto quando si china e deve assumere posizioni impacciate perché non è semplice, quando si è goffi, infilarsi i calzini. gli viene da sbuffare, da affannarsi, gli viene anche su un pezzo della colazione, tanto non è pronto a quei piccoli e semplici movimenti, come raccogliere monetine. non hai mai annusato l'alito di un vecchio che viene da un accumulo di 75 anni di cattiva digestione ed esonda nelle tue narici. e non hai mai visto la pelle delle gambe con le vene blu che sembrano grosse insegne delle sale bingo di las vegas, le dita dei piedi accavallate dalle scarpe eleganti di una vita, le grinze sulla pancia bianca e flaccida con dentro la lanuggine delle magliette armani di lana, le mani morbide che puzzano di crema e disinfettante come fossero due ospedali tentacolari, i capezzoli pelosi, radi, che guardano verso il basso come gli occhi di una ragazzina che non ha mai guardato la dignità da una prospettiva diversa mentre viene incoraggiata a spogliarsi dal relativismo strumentale di qualche grasso bastardo intellettuale di destra

2.16.2011

artigianato



2.11.2011

SAVE THE WHALES!

dalla dolce vita imparo che la direzione è questa e che questo è l'unico mondo possibile. noi non siamo in ritardo sulla tabella di marcia e non siamo decaduti, non cadremo in nessun posto dentro nessun buco, al massimo nel mezzo di una ciambella. morendo, non scenderemo da nessuna parte e non saliremo da nessuna parte, nessun paradiso o inferno. al massimo ci metteranno orizzontali. potremo provare a farci mettere verticali.


prima di morire invece possiamo farci ammazzare. poi loro potranno imbalsamarci, se lo vorranno, ma sarà dopo. prima certi si mettono delle piume in testa, altri maledicono il governo. ma io penso che sono più importanti i biscotti. non vorrei pensare veramente che sono più importanti i biscotti della colazione. ma lo penso, mentre vorrei vedere direttamente le mie ossa vive pensando che l'unico che vedrà le mie ossa vive sarà il tempo, che è anche la mia tassa sul patrimonio.


c'è il temporale. mi chiudo in macchina perché voglio stare in una gabbia di faraday, che mi sento sicuro. ma la musica è buona, qui dentro. posso cantare ad alta voce i pezzi senza vergognarmi. c'è il Mc drive, e posso dormire, e posso fare la pipì fuori dal finestrino. mi manca solo un cesso per la cacca. però potrei fare la cacca nell'involucro del panino del Mc drive e buttarla di fuori dal finestrino

2.08.2011

feminism macht frei

(uno stralcio di intervista a sara tommasi, marzo 2009.)


"non sono una puttana. io ho studiato. non è che una donna non può spogliarsi se studia, siete solo dei maschilisti legati a un'idea di donna che è passata ormai, ciao, se n'è andata. io ho studiato alla bocconi, e ho anche due tette meravigliose. e beh? le faccio vedere quando mi pare e piace, sono una donna emancipata io. è anche questo il femminismo: sfruttare gli interessi di un mondo maschilista che guarda solo le tette. e arricchirsi con questo. arricchirsi con voi poveracci che pensate che la donna è solo tette e culo. ma non sapete che adesso con tette e culo noi vi prendiamo tutti i soldi, mica altro. i soldi, gli stipendi, vi prendiamo tutto e ci sentiamo anche guardate e apprezzate. non abbiamo nessun potere politico ma lo rappresentiamo, non prendiamo decisioni, ma a voi tanto che cazzo vi importa delle decisioni? è questo quello che conta, ciò di cui sentite la necessità. il vostro bisogno primario sono le mie tette. quindi non datemi della puttana, io sono un'imprenditrice. e vendo tette. le mie tette. e voi le comprate e io adesso ho un sacco di soldi."

2.04.2011

prospettive pigre

uno- ieri ho pensato "ora mi addormento, mi risveglio tra 400 anni che sono un calamaro gigante. poi mi pescano e vengo servito freddo al matrimonio del nuovo re di prussia."
due- [...]
uno- sì, tornerà la prussia.
due- uhm... io mi accontenterei di un totale collasso della società. si torna alle tribù. la tecnologia regredisce. e io caccio sconosciuti.


uno- ottimo. meno individualista, più cacciatore raccoglitore.
due- sì, ma poi non avrò voglia di macellarli bene, quindi molto andrà sprecato.

si ringrazia matteo piovanelli detto "bovaz" ("due", nel dialogo) per il dialogo spontaneo e il buonumore

1.28.2011

antropofagia

-sei pedante.
-no.
-invece sì. senti, lo so che in fondo non te la tiri, ma non puoi neanche sempre fare ogni cosa con quel cazzo di tono. che poi non è male, ma stufa. tu stufi.
-dici?
-certo che stufi, con tutta questa epicità postmoderna che credi di esserti inventato. non ti sei inventato proprio un cazzo, fidati. e guarda come ti sei ridotto.
-ora stai esagerando.
-certo che sto esagerando. tu, invece, chi cazzo ti credi di essere?
-hulk hogan.
-magari cazzo quello sì che è un tizio con degli obiettivi. quello è un 100% uno che è al pieno del suo potenziale. tu invece quanto sarai, a un 30%?
-magari un po' di più.
-ecco "magari un po' di più". credi che dare un giudizio di qualità severo alle cose che fai sia una cosa buona? te lo dico io, no, è una merda. e poi  quello che conta è la percentuale di te stesso che ti porti a casa e per questo non devi metterti a fare cento cose. fanne una, credi in qualcosa, segui una strada, al 100%
-e il resto lo mollo lì?
-sì [...] so che te la puoi trovare, una strada.
-io osservo le cose. ma non credo in niente, non credo in nessuna strada.
-che cazzo vuol dire "non credo in nessuna strada"?
-che miro a scamparla, giocando a perdere.
-e quindi?
-ho fiducia nel tempo, e vivo, e guardo gli altri invecchiare. [...] a volte conto le loro rughe, altre volte mangio della pizza.

1.11.2011

clessidre di sabbia bagnata

sei su una spiaggia tunisina, intuisci la sicilia. alle spalle hai il generale patton, con tutti e 500 i suoi denti gialli incastrati meticolosamente tra la mandibola (pesantissima) e la mascella, immobile. ha in mano una delle sue famose pistole d'avorio e con quella ti indica il mare, l'orizzonte. ti intima di procedere, camminare dritto davanti a lui e raggiungere la sicilia, e quando senti la canna della pistola scavarti un piccolo solco circolare sulla nuca cominci lentamente a camminare. ti togli le scarpe, ognuna con l'arto opposto, e metti i piedi in acqua. senti che è fredda, ma pensi che il freddo novembrino della tunisia sia in una certa misura sopportabile. vai avanti, ti inzuppi le ginocchia e le cosce senza provare alcun dolore. quando ti volti il generale patton continua a fissarti con la canna della sua (lucidissima) pistola d'avorio, e non dice una parola.
sei un po' preoccupato per le palle: l'acqua è terribilmente fredda, mano a mano che ci si allontana da riva. eppure prosegui, prosegui, prosegui consapevole del fatto che il mare mediterraneo è profondo, che dietro c'è il generale patton che ti punta una pistola alla nuca, che vuoi darti una possibilità di arrivare in sicilia a piedi, con i tuoi piedi, e quando l'acqua ti bagna le spallucce realizzi che c'è un mare di differenza tra camminare ed essere in una qualche misura ottimista riguardo al proprio cammino.

1.03.2011

10 minuti

dieci minuti. cosa posso scrivere in dieci minuti, prima che mi facciano uno squilletto sul cellulare e vengano a recuperarmi a casa, a lisciarmi i baffi, a cucinarmi una birra in lattina davanti a un programma di montaggio video? risparmio un paio di euro almeno di benzina verde per il prossimo disco di iron & wine [pazzesco]. in dieci minuti posso sbagliare svolta sul mio social network di riferimento e vedere, anzi no, intuire qualcosa di tanto doloroso quanto legittimo- per me solo doloroso. posso riflettere sul tempo, sulla fretta di arrivare all'ultimo momento utile per lasciare a se stessi qualcosa di buono, credere che le parole siano veramente importanti come strillava a vuoto Nanni Moretti in "Palombella Rossa" e scriverci un pezzo, su questa roba.


non è rimasto molto tempo. a pensarci bene gli ultimi film di Nanni Moretti fanno schifo, e noi non abbiamo che dieci minuti al giorno per dire qualcosa di importante. qualcosa di importante che all'ottavo minuto suoni già vecchia e fuori tempo. qualcosa che poi finisce che citiamo "Palombella Rossa" sputando sul "Caimano", e mi squilla il telef