9.16.2008

emokids

Nel mondo della musica le generazioni di giovani drogati e non, si sono sempre susseguite e diffuse (così sembra) rispecchiando la calligrafia delle società di appartenenza. Il contesto storico e culturale ha sempre influenzato i modi di aggregazione dei gruppi e delle sottoculture, in ambito pop. Gli stereotipi con i quali cerco di comporre il mio apparato teorico sono imbarazzanti.

A partire dagli anni sessanta, l’occidente più industrializzato ha visto allevare, promuovere e giustificare l’individualismo come semplice ed essenziale strategia di controllo sociale. Ciò è avvenuto attraverso libere, liberissime politiche liberali e liberiste (nonché grazie alla presenza di regimi militari in un “altrove” indispensabile per la coscienza di adam smith).
Dagli anni sessanta in poi, le generazioni si sono viste assimilare a questa tendenza (con buona pace di devendra banhart e del suo collettivo freak-oriented).

Abbiamo visto pop star promuovere la condivisione di organi sessuali, allucinogeni, banalità e genialità in un momento storico che non faceva differenza. Persone che in qualche modo credevano nella cooperazione e nell’importanza di avere un’opinione, esercitando la democrazia nella sua forma più consapevolmente partecipativa. Qualcuno forse pensò di ridefinire il concetto di conformismo.
Poi le cose andarono diversamente.

Il punk si schierò apertamente contro. Nauseato.
Morì nel giro di due anni perché strabico.
La tatcher sorrise, mentre i clash circumnavigavano l’inghilterra guardando i fans e il basso contemporaneamente.

L’ignoranza tecnica promossa dal punk è il sale del neocapitalismo. Bassi costi e bassa qualità in un un mare di spot pubblicitari. Iniziammo a perdere quattro decimi dall’occhio sinistro.

Odio i due punti.
(amo le parentesi).

L’idea del punk eppure rimase impigliata da qualche parte, negli anni successivi. Tutta la musica più o meno indipendente degli anni ottanta e novanta se ne riempì le tasche.
L’elettro “dance” pop faceva ballare un pubblico disinteressato. Io ci nacqui in mezzo, agli anni ottanta. Per esempio.
La musica creativa rimase incastrata nello sporco dei solchi, tra le mattonelle di un cesso pubblico. Molti se la dimenticarono.

Cadde il muro a berlino, e tutti pensarono che fosse una cosa fantastica.
-è caduto il muro di berlino!-
-fico. andiamo a berlino est a vedere come disegnano gli omini dei semafori?-
Essere liberi, e finalmente incapaci di giudicare.

Gli anni novanta, gli anni novanta.
Prima di corona.

Cobain fu un punk annoiato, a vent’anni.
Venne frainteso, naturalmente. Un’intera generazione di disadattati pretese di riconoscersi in lui. Pretese di riuscire a vedere riflesso il proprio disagio nella sua anoressia.
Ognuno assomigliava fisicamente a kurt cobain. Lombroso rivendicò uno spazio nel sussidiario e in alcuni saggi di storia contemporanea. L’osservatore romano gli diede la prima pagina.
Incarnando lui stesso un “movimento”, cobain cadde vittima di qualche scompenso.
Non riuscì mai a morire di overdose.

Il grunge nel frattempo non riuscì mai ad essere un movimento, nonostante la buona volontà di piero chiambretti. Ad ogni modo riuscì a promuovere le parole “vuoto” e “disperazione”. E le magliette strette con le righe orizzontali.
Vennero accostati ad esso caratteri quali l’introspezione e la nostalgia per l’eroina degli anni settanta.
Cobain esausto si sparò in bocca con un fucile.

Gli anni zero, illuminati dalle luci della centrale elettrica, si spensero.
Oggi possiamo vantare una vasta schiera di emokids con lo schiaffo.
?

Quelli che si tagliano.

Possiamo finalmente guardare al futuro con ottimismo.